Cooperate sede di Gioia del Colle
Cenni Storici

Strutture ed attività di Cooperate nella Regione Puglia

Con Atto dell’Ufficio del registro di Gioia del Colle (BA), il 26 marzo 1992,veniva costituito, a titolo gratuito, in favore dell’Ente Cooperate, il diritto d’uso del comprensorio agricolo di proprietà dell’Ente ecclesiastico Ospedale“Miulli”, sito in agro di Gioia del Colle alla via di Vecchia Matera, della superficie di 27 ettari, con all’interno nove unità immobiliari di tipo bifamiliare. Dopo aver ristrutturato ed arredati i locali, il 18 dicembre 1993, venne inaugurata questa seconda comunità terapeutica.Fra le autorità presenti all’evento vanno ricordate: mons. Martino Scarafile, vescovo di Castellaneta che benedì la struttura residenziale; l’onorevole Alberto Tedesco, assessore alla Sanità della Regione Puglia; la baronessa Ebba Tamm dalla Chiesa; il prof. Arnaldo Capelli, presidente del Consiglio del corso di laurea in medicina dell’Università Cattolica; il dott. Vincenzo De Filippis in in rappresentanza dell’Ordine dei medici di Bari; il dott. Patarino in rappresentanza del comune di Gioia del Colle, la dott.ssa Stefania Longo Traina dell’Associazione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS; il dott. Michele Lamparelli, responsabile del GOT BA/17; il dott. Damiano Ottomanelli, presidente del Volontariato.
Il Ministro Adriano Bombiani: Professore Ordinario della Facoltà di Medicina dell'Università Cattolica
In quell’occasione la Cooperate, rappresentata dal dott. Francesco Angelini, ringraziò anche a nome di tutti gli ospiti ed operatori della cooperativa: il vescovo diocesano mons. Tarcisio Pisani ed i suoi collaboratori (mons. Riccardo Ruotolo, dott. Giacomo Palombella, dott.Rocco Palmisano, avv.Daniele Chiarulli,don Mimmo Laddaga) per aver concesso in comodato gratuito le nove unità immobiliari di proprietà dell’ospedale regionale “Miulli” di Acquaviva delle Fonti,che, a fine 2005, ospiterà 45 ragazzi, distribuiti in 3 comunità psicoergoterapiche,con annesso centro di formazione ed aggiornamento professionale per operatori di comunità; il prof. Adriano Bompiani, già ministro per gli Affari Sociali,che permise “concretamente” la realizzazione della sede operativa di Gioia del Colle e la struttura di Tolfa (RM) dedicata a Giancarlo Brasca; mons. Enzo Leuzzi, allora assistente spirituale degli studenti dell’Università Cattolica, per il ruolo insostituibile avuto in tutte le iniziative della Cooperate;la baronessa Ebba Tamm Dalla Chiesa, nota benefattrice della comunità; la dott.ssa Silvana Magnani, coordinatrice delle attività terapeutiche, la sig.ra Fosca Foschi,
Prof. Arnaldo Capelli: Presidente del Corso di laurea in Medicina dell'Università Cattolica
direttore amministrativo della Cooperate, ed Angela Coletta, direttricedella Comunità e fondatrice, insieme al dott. Luigi Vaccaro, p. Ludovico Pesola ed altri soci, della prima comunità “Fratello Sole”; l’ing. Francesco Pollice, amministratore delegato della ICEI, che effettuò i lavori di ristrutturazione,anticipando le risorse economiche necessarie, ed il prof. Piero Masini, progettista e direttore dei lavori; un volontario“estremamente riservato” che con la sua costanza, impegno e tempestività degli interventi effettuati ai diversi livelli istituzionali, unitamente alla sua professionalità di medico, ha reso possibile il concretizzarsi della realtà di Gioia del Colle e della sede operativa denominata “Giancarlo Brasca”, al quale va tutta la stima e gratitudine della Cooperate : il dott. Vincenzo De Filippis.

Centro di Accoglienza e Orientamento (C.A.O.) - Gioia del Colle (Bari)

18 dicembre1993. Solenne apertura della Comunità Terapeutica di Gioia del Colle. Da sinistra: mons. Martino Scarafile, vescovo di Castellaneta; dott. Francesco Angelini, Presidente della Cooperate; avv. Daniele Chiarulli; l’assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco; il dott. Vincenzo De Filippis; il prof. Arnaldo Capelli e la baronessa Ebba Tamm Dalla Chiesa
Nel 1999 viene aperto il Centro di Accoglienza ed orientamento. All’origine dell’iniziativa fu la ricerca effettuata, in collaborazione con l’AITAED, sui primi dodici anni di funzionamento della Co munità di Santa Severa. Essa aveva rilevato che l’indice di ritenzione (definito dalla letteratura scientifica come la capacità della Comunità di trattenere gli ospiti nel programma durante i primi tre mesi, evitando abbandoni) è aumentato nel tempo in proporzione al modificarsi del programma terapeutico e quindi alla graduale ristrutturazione della fase di accoglienza. Detto indice di ritenzione è, infatti, passato dal 47% del primo periodo all’attuale 78%. Il lavoro d’accoglienza svolge, dunque,un’importante funzione di filtro per il lavoro comunitario. La popolazione dei pazienti delle Comunità Cooperate negli ultimi cinque anni è divenuta gradualmente sempre più eterogenea, sia dal punto di vista anagrafico che da quello socioculturale (profonde differenze di ceto sociale, livello culturale, esperienze lavorative, stato civile, provenienza, età); eterogeneità riscontrabile anche in adolescenti alla loro prima esperienza comunitaria e soggetti con ripetute esperienze di fallimento istituzionale precedente (altre CT, carcere, servizi psichiatrici di diagnosi e cura,case di cura private, collegi), o con complicate situazioni penali e giudiziarie in atto, o provenienti da condizioni definibili come “barbonaggio”.
Sono, inoltre, sempre più frequenti le richieste d’inserimento che riguardano principalmente utenti definiti portatori di “doppia patologia” (termine sicuramente controverso ed ambiguo per indicare la coesistenza di disturbi psichiatrici e di abuso di sostanze). Tutto ciò comporta per gli operatori diverse difficoltà1. Instabilità, ambivalenza, discontinuità,quindi, dominano non solo il quadro psicopatologico,ma anche la situazione esistenziale,familiare ed il rapporto con i curanti. Questi non vanno collocati esclusivamente su un versante medico-clinico, né significano tout court mancanza di motivazione, di “compliance” al trattamento e quindi rifiuto della Comunità. Costituiscono spesso una lente di ingrandimento sulle difficoltà, sia del paziente sia della famiglia, di entrare in relazione con la Comunità e di reagire agli avvenimenti e al cambiamento. Il periodo di accoglienza-osservazione diventa allora un lungo percorso di avvicinamento fra comunità-paziente-famigliacuranti.In questi casi è insufficientemente contenitivo un approccio esclusivamente ambulatoriale che, per le sue caratteristichedi frammentarietà, rende difficile la costruzione di questo percorso, dando eccessivamente spazio a situazioni di acting, sia da parte della famiglie sia del paziente.Inoltre non permette di affrontare le difficoltà che questi pazienti hanno,nello scalaggio di sostanze stupefacenti,di poter calibrare l’utilizzo di psicofarmaci. In alcuni casi, gli psicofarmaci sono necessari per il proseguimento di un buon intervento psicoterapeutico.Tuttavia, è evidente che l’utilizzo in situazioni poco contenitive rischia di essere così massiccio ed invasivo o così strumentalizzato e manipolato, da rendere difficile un adeguato inserimento in tempi e ritmi comunitari e nel rapporto con il gruppo degli ospiti. È necessario, dunque, un lento, ma progressivo, adattamento delle terapie farmacologiche in ambito controllato. Il C.A.O. (Centro di accoglienza ed orientamento), in cinque anni di attività,ha effettivamente arricchito l’offerta terapeutica di Cooperate nel campo estremamente critico evidenziato dalla ricerca sull’esperienza della comunità di Santa Severa.

Struttura ed organizzazione del Centro di accoglienza e orientamento Tipologia del servizio.

I primi operatori: Larizza Nietta, Giordano Donata, Coletta Angela, Marinuzzi Chiara, Caserta Giulia, Girardi Dario, Catto Giorgio, Pascarelli Stefania, Salatino Pasquale, Padre Luigi Colleoni
È una struttura d'osservazione,diagnosi ed orientamento, con un programma residenziale della durata massima di tre mesi. Sono accettati, al momento dell'ingresso,anche pazienti intossicati che non siano in grado, per l'elevato livello di compromissione psicopatologica e/o psicosociale, di utilizzare efficacemente progetti di disintossicazione ambulatoriale o semiresidenziale. La fase di disintossicazione è affiancata e seguita da un percorso di osservazione e diagnosi, finalizzato all'individuazione del progetto terapeutico più idoneo a rispondere alle esigenze dell'utente e ad utilizzare le risorse reali attivabili in quel momento.

Destinatari dell'intervento.
Utenti che, oltre a richiedere un intervento di disintossicazione in ambiente protetto, necessitino di un periodo intensivo di osservazione e diagnosi o di assestare terapie psicofarmacologiche; utenti privi di un sostegno esterno che consenta loro di affrontare il periodo di accoglienza/orientamento mantenendo lo stato astinenza; utenti che, terminato il programma terapeutico in Comunità situate fuori della provincia, necessitino di un sostegno nell’affrontare il momento di distacco e reinserimento; utenti che, ricaduti dopo un programma terapeutico significativo, abbiano bisogno di uno spazio protetto, contenitivo, che li orienti verso la ripresa di un progetto terapeutico o verso il ritorno graduale, alle proprie attività riprogettando un adeguato sostegno;utenti provenienti direttamente dal carcere o in arresti domiciliari, che non abbiano potuto accedere ad un programma di accoglienza non residenziale; utenti per il quali c’è necessità di una terapia breve.

Descrizione del servizio.
Il viale interno della Comunità “Fratello Sole”
Può ospitare 15persone, oltre i 18 anni, di entrambe i sessi. Lo staff è composto da due psicologi, un’assistente sociale, una sociologa a tempo pieno e da uno psichiatra a tempo parziale. Gli invii sono effettuati dai Ser.T. e da altri Centri residenziali o semiresidenziali pubblici o privati, che necessitano di una tale servizio. Dal momento della richiesta al momento dell’inserimento, è previsto solo il tempo necessario per predisporre l’intervento: colloquio conoscitivo ed informativo con l’utente e preparazione della documentazione necessaria (relazione psicosociale del Ser.T.,documentazione amministrativa e sanitaria). La disintossicazione, impostata dal Ser.T. di provenienza, è attuata e monitorata dal Ser.T. di competenza della sede operativa. Il C.A.O. si configura quindi come una struttura di accoglienza nella quale, partendo dalle valutazioni del Ser.T. di provenienza, sia possibile effettua- re una osservazione attiva, fondata sull’uso che il paziente fa degli spazi e dei luoghi reali e psichici della Comunità (la vita comunitaria,i gruppi educativi, i colloqui individuali, la somministrazione di test). L’osservazione e la diagnosi psichiatrica rappresentano un approfondimento,a volte necessario, per appurare la copresenza di gravi disturbi della personalità e valutare o assestare l’utilizzo di terapie psicofarmacologiche.
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